Smart Working: cos’è? Quali sono i suoi vantaggi e svantaggi?

Flessibilità, autonomia, responsabilizzazione, orientamento ai risultati: con queste parole chiave si potrebbe sintetizzare la filosofia (e la pratica) che sta alla base dello smart working, il lavoro “agile” che può essere applicato con notevoli vantaggi non solo all’interno delle aziende, ma anche all’interno della pubblica amministrazione. Ma vediamo meglio cos’è lo smart working e come funziona, partendo da qualche definizione e dalla normativa che lo regola.

Se in italiano il significato di Smart Woking è “lavoro intelligente”, l’Osservatorio del Politecnico di Milano lo definisce“una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”.

«lo Smart Working è un modello organizzativo che interviene nel rapporto tra individuo e azienda. Propone autonomia nelle modalità di lavoro a fronte del raggiungimento dei risultati e presuppone il ripensamento “intelligente” delle modalità con cui si svolgono le attività lavorative anche all’interno degli spazi aziendali, rimuovendo vincoli e modelli inadeguati legati a concetti di postazione fissa, open space e ufficio singolo che mal si sposano con i principi di personalizzazione, flessibilità e virtualità».

Per il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, «lo Smart Working (o Lavoro Agile) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività».

Secondo la Legge 81/2017 il lavoro agile è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa” questo “allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. La prestazione lavorativa viene eseguita in parte all’interno di locali aziendali e, senza una postazione fissa, in parte all’esterno – specifica ancora l’articolato – entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

Secondo i risultati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano il 58% delle grandi imprese ha già introdotto iniziative concrete. Tra i risultati più interessanti dell’ultimo anno emerge l’aumento della diffusione dello Smart Working nelle PMI italiane: i progetti strutturati sono passati dall’8% al 12% attuale, quelli informali dal 16% al 18%. Tuttavia, c’è anche un’ombra: anche la percentuale di imprese disinteressate al tema è cresciuta, in modo preoccupante, passando dal 38% al 51%. Anche la PA nell’ultimo anno ha fatto grandi passi in avanti verso un modello di lavoro “smart”: oggi il 16% delle pubbliche amministrazioni ha progetti strutturati di lavoro agile (nel 2018 era l’8% e nel 2017 il 5%), l’1% ha attivato iniziative informali e un altro 8% prevede progetti dal prossimo anno.

Ad affermare i dati dell’Osservatorio, un’indagine condotta daInfoJobs afferma che entro il 2020 lo smart working sarà realtà per il 51% delle aziende italiane. Ad oggi, il 39% delle aziende ha implementato politiche di smart working. Di queste, il 27% lo ha attivato solo per alcune aree funzionali, mentre per il 12% coinvolge tutti i dipendenti. C’è poi un 12% di imprese che ne prevede l’introduzione entro due anni. Lo smart working è visto anche come una leva strategica per attrarre nuovi talenti (79%) che lo vedono come un elemento differenziante nel 37% dei casi o comunque come un incentivo su cui far leva insieme anche ad altri elementi quali il grado di responsabilità e le condizioni economiche nel 42%.

In questi tempi in cui solo per gravi e comprovate necessità ci si può spostare da casa, molte aziende, per evitare la cassa integrazione e soprattutto per continuare a rimanere aperte, stanno adottando lo smart working, pratica che molte persone, me compreso, già conoscono da tempo.

Lo Smart Working non è però una semplice iniziativa di work-life balance e welfare aziendale per le persone: si innesca in un percorso di profondo cambiamento culturale e richiede un’evoluzione dei modelli organizzativi aziendali, per cui si deve prevedere una roadmap dettagliata fase per fase. 

Si tratta di una rivoluzione culturale, organizzativa, di processo: tutto questo è smart working. Una rivoluzione perché scardina alla base consuetudini e approcci tradizionali e consolidati nel mondo del lavoro subordinato. Probabilmente sarà il modo di lavorare del futuro, basato su una cultura orientata ai risultati e su una valutazione legata alle reali performance.

È un approccio che presuppone un profondo cambiamento culturale, una revisione radicale del modello organizzativo dell’azienda (pubblica o privata) e il ripensamento delle modalità che caratterizzano il lavoro non solo fuori ma anche all’interno dell’azienda, cosa che si ripercuote anche sull’organizzazione degli spazi, che devono essere ripensati e sempre più ispirati ai principi di flessibilità, virtualizzazione, collaborazione tra le persone.

Pensiamo agli open space che favoriscono il lavoro collaborativo, agli spazi di coworking e ai fab lab che rispecchiano la sempre maggiore diffusione del lavoro in mobilità e l’esigenza di contaminazione, alle huddle room, ambienti di dimensioni ridotte appositamente progettate e allestite per ospitare riunioni virtuali tra team di lavoro. Si parla di di “workplace change management”, un cambiamento organizzativo che passa anche attraverso la rivisitazione e riprogettazione degli spazi.

Nonostante i dati dimostrino che lo Smart Working stia crescendo anche in Italia, le donne che dovrebbero essere le prime a trarne maggiori vantaggi, sono invece le più restie verso questa nuova forma di lavoro.

Da alcune interviste emerge che lo Smart Working è percepito come una possibile causa di isolamento dall’ambiente lavorativo. A questo si affianca anche il tema onnipresente della visibilità e della credibilità del proprio operato: qualunque smart worker si sarà sentito sminuito, come se il lavoro da casa avesse minor valore.

Lo smart working offre vantaggi e svantaggi sia per il lavoratore che per l’azienda:

Vantaggio:

✓ Aumenta la libertà e l’autonomia del lavoratore. Ha una maggiore capacità di organizzare il suo tempo.

✓ Gli consente di risparmiare denaro su aree di lavoro, trasporti o forniture (elettricità, riscaldamento, ecc.)

✓ Può risparmiare molto tempo nei viaggi, specialmente nelle grandi città.

✓ Migliora la conciliazione della vita lavorativa con la vita personale e familiare, che è spesso molto apprezzata.

✓ Se il lavoro è ben strutturato (di solito basato su obiettivi), la produttività può essere aumentata.

✓ Si nota un miglioramento della qualità della vita del lavoratore, il lavoratore apprezza il lavoro e l’azienda. Questo può attrarre talenti per il business.

✓ Permette l’integrazione di persone con mobilità ridotta.

Ma può anche avere alcuni inconvenienti:

✓ L’operaio vede la sua vita personale invasa dal lavoro.

✓ Potrebbe portare all’isolamento del lavoratore a causa del mancato contatto con i colleghi. Ciò può anche causare la sensazione di non essere identificato con l’azienda.

✓ Se il lavoro a distanza non è ben pianificato o eseguito, la produttività potrebbe diminuire. Potrebbe esserci un minore controllo sulla quantità o qualità del lavoro.

✓ Parte dei risparmi generati per l’azienda può comportare spese per il lavoratore (nell’area di lavoro, costo delle forniture, ecc.).

Lo studio fornisce dati di interesse, ad esempio, spiega l’opinione dei professionisti che lavorano nelle risorse umane. Per i recruiter, sarebbe utile esaminare alcuni degli svantaggi dello smartworking, come l’isolamento, la minore interazione con i colleghi o la mancanza di identificazione con l’azienda. Per combatterli, sarebbe utile integrare soluzioni di lavoro intelligenti nell’ambiente di lavoro piuttosto che in quello domestico.

Un dato interessante emerso dallo studio è che il 55% delle persone intervistate avrebbe lavorato da casa e il 46,5% lo avrebbe fatto dal proprio smartphone.

Ma un fatto spicca su tutti gli altri: il 90,8% delle persone intervistate vorrebbe poter lavorare fuori dall’ufficio, il che dimostra la vecchia teoria che il lavoro a distanza è un desiderio per molte persone. Tra gli spazi preferiti per farlo, il primo sarebbe da casa (64,2%), seguito da spazi di co-working (47,6%) o da qualsiasi luogo vicino a casa (41,3%).

Quindi sembra che ci siano più persone che vorrebbero applicare lo smart working alla loro vita lavorativa di quelle che sanno cosa significa anche il termine.

Le nuove tecnologie e il miglioramento delle tecnologie esistenti sono un fattore chiave nello sviluppo dello smart working. Includerebbero una vasta gamma di strumenti, come Internet, smartphone, social network o qualsiasi tipo di programma progettato per facilitare la flessibilità sul lavoro e la mobilità. Non molto lontano dal futuro, altre tecnologie, come la realtà virtuale, verranno aggiunte all’elenco di tecniche che aiuteranno lo sviluppo dello smart working.

L’obiettivo finale di utilizzarli tutti sarebbe quello di raggiungere non solo una migliore prestazione lavorativa, ma anche una migliore conciliazione tra vita lavorativa e professionale e vita personale e familiare. Più felicità dopo tutto, per l’azienda e per il lavoratore o il professionista.

A cura del dott. Paolo Mitillo

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