Cinque anni dopo il crollo della Lehman Brother l’economia americana sta ripartendo e lo sta facendo con una politica del tutto opposta a quella Europea; infatti, la Federal Reserve, in questi anni, ha utilizzato il cosiddetto “sistema delle presse” per immettere nell’economia il denaro sufficiente per evitare di ricadere in una depressione simile a quella degli anni Trenta.
Da inizio anno la Fed, con il nuovo presidente Janet Yellen, ha diminuito la quantità di moneta stampata mensilmente passando da 85 a 75 miliardi di dollari, cifra sufficiente a garantire la copertura del debito pubblico del tesoro americano. Nei mesi successivi la Yellen dovrà decidere di quanto abbassare ulteriormente la quantità di moneta stampata per il progressivo abbandono della politica monetaria espansiva, iniziata dal suo predecessore e mentore Bernanke.
Questa politica ha permesso all’economia di evitare un’ulteriore contrazione e, così facendo, anche il mondo del lavoro ne sta beneficiando. Infatti, escludendo il settore agricolo, nel mese di Marzo sono stati creati 192 mila nuovi posti di lavoro, in leggera flessione rispetto al dato di Febbraio che contava 197 mila nuove unità, ma comunque molto positivo se come metro di paragone prendiamo i dati del Bel Paese dove l’occupazione è calata dello 0,2% rispetto al mese di Febbraio.
Nonostante questa forte ondata di nuovi impieghi, a causa di circa mezzo milione di giovani entrati ufficialmente nel mercato del lavoro, il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti è arrivato a quota 6,7 % ; un aumento dello 0,1% rispetto a quel 6,6% toccato ad inizio anno che segna il dato più basso registrato negli ultimi 5 anni.
Il settore delle costruzioni è quello che, nel mese di Marzo, ha registrato l’aumento maggiore di nuovi contratti di lavoro mentre, per la prima volta in 7 mesi, il settore manifatturiero ha visto un calo delle assunzioni.
Impressionante è il dato relativo ai nuovi impieghi creati dal settore privato; infatti, in 49 mesi di crescita consecutivi, ha offerto ben 8,9 milioni di nuovi posti di lavoro. E’ un dato che viaggia in direzione completamente opposta rispetto alla nostra, dove il settore privato preferisce emigrare in Paesi dove i costi di gestione e dei lavoratori sono sensibilmente minori.
Prendendo in considerazione questi dati dell’economia targata U.S.A. , viene naturale da chiedersi se la forte politica di austerity che ci è stata imposta dai governi italiani e, ancora più in alto, dall’Europa, sia stata la scelta giusta per poter far ripartire l’economia nel breve o medio periodo o se, invece, non sia solo un cane che si morde la coda che a forza di aumentare il cuneo fiscale, sia su aziende che cittadini, non faccia altro che diminuire i consumi e la produttività.
OSPECA
LUCA MALAGIGI