Il titolo V della Costituzione è stato modificato dalla l. cost. 18 ottobre 2001, n.3. Il provvedimento approvato dal Parlamento a maggioranza assoluta, e non con quella di due terzi dei componenti e, di conseguenza, sulla base all’art. 138 Cost, la legge era stata sottoposta a consultazione referendaria. La legge presenta importanti innovazioni, rispetto al disegno delineato dalla Costituzione del 1948, incidendo sull’assetto del governo territoriale, sui rapporti tra Stato e Regioni ed enti locali e sulla stessa configurazione delle autonomie regionali e locali. Alla base della riforma del Titolo V, Parte II, della Costituzione, vi è l’esigenza di modificare o eliminare istituti e regole che non appaiono più conformi al disegno di progressiva trasformazione in senso federale della forma di Stato. Una ulteriore esigenza è stata ravvisata nella necessità di adeguamento delle competenze regionali, tanto legislative quanto amministrative, al processo di conferimento di funzioni alle Regioni. Un altro motivo alla base delle modifica costituzionale è rappresentato dall’esigenza di adeguare i principi costituzionali in materia di finanza regionale alle istanze di autonomia che provengono dalle Regioni, le quali dovrebbero tendenzialmente garantire l’esercizio delle funzioni regionali con propri mezzi finanziari, principalmente mediante l’imposizione tributaria, garantendo attraverso fondi di compensazione i divari economici legati al territorio di ogni Regione. Il disegno di revisione costituzionale si è sviluppato lungo alcune direttrici fondamentali. In primo luogo esso sancisce la pari dignità costituzionale di tutti gli enti politici territoriali, che sono contitolari, nel limiti reciproci stabiliti dalla Costituzione, dei poteri e delle attribuzioni che sono espressione della volontà popolare. In secondo luogo il nuovo art. 117 Cost. delinea una diversa articolazione delle funzioni, innovando l’attuale ordinamento sotto molteplici profili. Innanzitutto viene introdotta una distinzione fra legislazione esclusiva e concorrente, riservando alla potestà legislativa esclusiva dello Stato soltanto un nucleo di materie elencate nel c.2 dell’art. 117 Cost. e attribuendo, invece, uno spazio molto più ampio alla potestà legislativa delle Regioni. Nelle materie di legislazione concorrente spetta allo Stato soltanto la determinazione dei principi fondamentali, restando, invece, affidata alla Regioni la restante legislazione. In queste materie, vi sono settori di particolare importanza per lo sviluppo dell’autonomia regionale, come i rapporti internazionali e con l’Unione europea, il commercio con l’estero, la tutela e la sicurezza del lavoro e l’istruzione. Nelle materie diverse da quelle riservate alla potestà legislativa di tipo primario, ossia non limitata ai principi fondamentali della legislazione statale, ma soltanto dal rispetto della Costituzione, dell’ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali. Attraverso questa interpretazione, la competenza legislativa regionale diventa effettivamente molto più ampia rispetto a quella antecedente l’entrata in vigore della riforma costituzionale. Quanto alla potestà regolamentare, si è fatta una scelta di carattere fortemente regionalista, attribuendo allo Stato la potestà regolamentare nelle materie di legislazione esclusiva, salvo delega alle Regioni, mentre per il resto, la potestà regolamentare è attribuita alle Regioni per tutte le altre materie, salvo che non sia espressamente assegnata ad enti sub-regionali. E’ di particolare interesse l’introduzione di un modello di “regionalismo differenziato” (art.116), secondo un disegno che s’ispira alla Costituzione spagnola del 1978, e consente, in via teorica, a ciascuna Regione di negoziare con lo Stato forme e condizioni particolari di autonomia amministrativa, finanziaria e normativa. L’articolazione delle funzioni è integrata dalla previsione di forme necessarie di coordinamento delle attività dello Stato e delle Regioni in materia di migrazione, ordine pubblico e sicurezza, nonché di tutela dei beni culturali (art.118 Cost.). Analoga importanza riveste nel disegno costituzionale tracciato dalla l. cost. n. 3/2001, il ruolo centrale assegnato ai Comuni nell’esercizio delle funzioni amministrative. Ad essi sono attribuite, infatti, tutte le funzioni amministrative, ad eccezione delle ipotesi in cui, per assicurarne l’esercizio unitario, le stesse funzioni siano conferite alle Province, alle Città metropolitane, alle Regioni oppure allo Stato sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
OSPECA
MICHELE FASCETTI