Il mese scorso ho scritto dell’esperienza deflazionistica giapponese e della cura preparata dal primo ministro Abe (dichiarazione della BoJ del 21 maggio, “l’economia continua a riprendersi moderatamente”). In conclusione ho accennato alla situazione europea, in particolar modo alla possibilità di riscontrare gli stessi problemi nell’economia comunitaria.
Infatti nell’ultimo anno l’andamento dell’inflazione ha preoccupato diversi operatori che temono una deriva deflazionistica. Ma procediamo un passo alla volta fino a giungere alla conclusione (personale) che l’Unione Europea incorrerà (nel breve-medio termine) dalla spirale deflazionistica.
Innanzi tutto che cos’è l’inflazione? L’inflazione è l’aumento continuo del livello medio dei prezzi protratto per un certo periodo di tempo che generalmente ha, come effetto negativo principale, la perdita del potere d’acquisto della moneta. La stima dell’inflazione nel territorio nazionale è uno dei compiti principali dell’ISTAT. Questa analisi dei prezzi al consumo inizia con la definizione di un paniere di beni e prosegue sulla rilevazione dei prezzi diretta (osservazioni fatte dall’ISTAT) e indiretta (richiesta da parte dell’ISTAT di informazioni ad enti ed organizzazioni). Una volta ottenuti i dati, questi vengono costruiti indici territoriali per prodotto. L’ultimo passaggio è la costruzione dell’indice generale dei prezzi: una media degli indici di prodotto ponderata secondo il rapporto tra spesa per il singolo prodotto e spesa per il paniere di beni esaminati.
L’ISTAT produce tre indici dei prezzi al consumo con diverse peculiarità. Il NIC ha come popolazione di riferimento l’intero sistema economico italiano e considera il prezzo pieno di vendita. Il FOI prende come popolazione le famiglie che fanno capo a un operaio o un impiegato ed esaminando il prezzo di vendita. L’IPCA (HICP in inglese) è l’indice, adottato a livello europeo, che permette comparazioni con altri paesi. La popolazione analizzata è la stessa del NIC ma considera il prezzo effettivamente pagato dal consumatore. Per esempio vengono considerate le riduzioni temporanee di prezzo dovute a saldi e promozioni (per questo si registrano dei valori anomali nei mesi di gennaio e giugno-luglio). Inoltre i prezzi dei medicinali sono depurati dalla quota di costo non a carico del consumatore.
Per apprezzare al meglio le serie storiche, dagli indici generali dei prezzi possono essere scorporate particolari categorie di beni dal prezzo generalmente più volatile. Infatti sono diffusi gli indici al netto del costo dei cibi freschi e dell’energia.
La deflazione è il fenomeno opposto alla inflazione che si registra con una diminuzione dei prezzi protratta nel tempo. Attenzione: la deflazione è la diminuzione dei prezzi e non il rallentamento del tasso di crescita dell’inflazione. In questo caso si parlerebbe di disinflazione.
La Banca Centrale Europea ha, come stabilito nello suo statuto, il principale obiettivo di mantenere l’inflazione intorno al valore del 2%. Però eventuali valori al di fuori di questo margine vengono tollerati poiché si attribuiscono ad eventi straordinari destinati a rientrare nella normalità in un breve termine.
Ma perché proprio il 2%? Con un’inflazione simile l’economia ne beneficia in quanto i consumatori sono stimolati ad acquistare e l’accesso al credito è, generalmente, facilitato dai tassi d’interessi bassi. Al contrario un’inflazione elevata riduce la fiducia della popolazione nella propria moneta e l’appeal dell’economia nei confronti di investitori esteri. Invece, come già ho spiegato nell’articolo dell’Abenomics, la deflazione induce i consumatori a rimandare gli acquisti in vista di un risparmio futuro.
Dopo aver fatto un’introduzione teorica, andiamo ad analizzare i dati:
Figura 1 HICP europeo 1997-2014
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Osserviamo che dal 2002 si registrano andamenti in linea con i parametri europei. Nel 2008 si ha un repentino aumento generale dei prezzi dovuto al rincaro delle commodities (petrolio e beni di prima necessità) producendo stagflazione con la ridimensionamento dei commerci internazionali. Il conseguente abbattimento del livello della domanda, ha determinato per alcuni mesi del 2009 un’inflazione negativa. Ho evitato volontariamente l’impiego del termine deflazione poiché si riferisce ad un abbassamento dei prezzi continuativo nel tempo e non di un periodo inferiore all’anno. Basti pensare alla spirale deflazionistica giapponese che si è protratta per anni e anni.
Attualmente stiamo vivendo un periodo di disinflazione cioè di diminuzione del tasso di crescita dell’inflazione.
Concludendo, è prematuro affermare che il pericolo della deflazione è vicino in quanto:
– l’inflazione è ancora in campo positivo anche se per pochi decimi di punto percentuale;
– la deflazione si protrae, per definizione, per un periodo prolungato;
– last but not least, il Governatore della BCE Mario Draghi ha fatto capire che, se necessario, a giugno verranno intraprese politiche macroeconomiche finalizzate alla spinta verso l’alto dell’inflazione