Thomas Robert Malthus, economista inglese, studioso di problemi sociali, era molto attento all’analisi della situazione sociale del suo tempo. Ebbe una formazione spirituale ispirata ai principi svolti da J.J. Rousseau, ma, influenzato da Hume, Wallace, Townsend, si formò rapidamente la convinzione che il disagio economico dei suoi tempi non derivasse dall’organizzazione sociale, e che, pertanto, nessun progetto di riforma fosse mezzo idoneo ad alleviarli. Economista ed demografo inglese, sosteneva la tesi secondo la quale la popolazione tenderebbe a crescere più rapidamente dei mezzi di sussistenza, quando appunto non vi sono freni che ne ostacolano il suo libero sviluppo. Proprio per questo propose di sostituire a quelli che erano i freni ‘’naturali’’ come guerre, epidemie, mortalità infantile, freni di carattere morale, ovvero una vera e propria limitazione delle nascite. Le sue osservazioni partono da uno studio delle colonie inglesi nel New England, dove appunto la disponibilità ‘’illimitata’’ di nuova terra fertile, ha permesso uno sviluppo ‘’naturale’’ della popolazione, con una progressione quadratica mentre, dove ciò non è possibile, si verificano periodiche carestie con conseguenti epidemie. Inizialmente Malthus pubblico nel 1798 a Londra, in forma anonima, ‘’An essay on the principle of population as it affects the future improvement of society’’. Questo primo scritto che aveva le dimensioni di un opuscolo, era caratterizzato da polemiche di tipo sociale contro i sostenitori di qualsiasi riforma sociale, e specialmente contro W.Godwin, perché Malthus riteneva non solo che le riforme sociali fossero disadattate ad alleviare la miseria della popolazione, ma anche capaci di aggravarla, se ispirate a principi statalistici o socialisti. Malthus affermava che il miglioramento economico avrebbe stimolato nelle classi lavoratrici l’incremento demografico, il quale a sua volta avrebbe in definitiva peggiorato le condizioni dei lavoratori. Nella pubblicazione del 1798, indicò le cause dalle quali a suo parere deriva il disagio sociale: ogni specie di esseri viventi tende ad accrescersi con un ritmo più rapido di quello consentito dai mezzi di sussistenza aumentando da una parte in maniera aritmetica, per le risorse, e geometrica per la popolazione. Arrivati ad un punto critico, oltre il quale non si ha più la possibilità di sfruttare le risorse, per le forme di vita ormai presenti, si innescherebbe un processo di lotta per la sopravvivenza, dove la morte diventerebbe così il castigo dei vinti. Preoccupato di dare una dimostrazione storica alla sua enunciazione, Malthus si accinse alla ricerca di dati che raccolse in molteplici viaggi, dati che però furono contraffatti al fine ultimo di sostenere la sua tesi.
Nel 1803 uscì così la seconda edizione del saggio che perse il carattere di opuscolo per assumere la veste di trattazione sistematica, elaborata in seguito nelle successive edizioni (1806, 1807, 1817, 1826). La tesi già enunciata si arricchì specialmente di una trattazione sui freni all’aumento della popolazione, ai quali, in precedenza non si era fatto riferimento, se non raramente. Il ritardo all’incremento demografico sarebbe dato da una serie di freni repressivi e da una serie di freeni preventivi, che si riassumono nel vizio e nel cosiddetto ritegno morale.
A questo attribuì il significato di una limitazione volontaria delle nascite, conseguita senza mezzi immorali, e ispirato al principio per cui nessun uomo dovrebbe procreare dei figli se non è in grado di mantenerli. Nella seconda edizione del saggio, anziché dare una dimostrazione storica della tesi, è singolare che vada verso una critica di origine politica, sostenendo il ritegno morale come soluzione del problema sociale e affermando la necessità di una larga propaganza della sua dottrina, per rafforzare il freno preventivo alla procreazione.
La tesi malthusiana ebbe notevoli favori da parte dei seguaci di Malthus, già con J. S. Mill scrittore non insensibile a sentimenti umanitari, si trova l’enunciazione del fondo salari, da cui poi in seguito sarà derivata la pessimistica legge ferrea. In opposizione a Malthus e i sui seguaci, vi erano però tutti i socialisti, con numerose critiche, intenti ad affermare la necessita di riforma delle istituzioni sociali, anche perché se da un lato si vede l’intento di cercare la risoluzione della povertà, o perlomeno di alleviarla, la tesi malthusiana ha delle basi prettamente aristocratiche. A dimostrare l’incompatibilità delle due progressioni, e di aver deplorato l’incoerenza del metodo malthusiana, fu un italiano, A.Messedaglia. Ovviamente le critiche arrivarono da più fronti, compreso quello dei neo-malthusiani, i quali per sostenere lo stesso principio di politica demografica non si vecero troppi scrupoli a rovesciare le affermazioni di Malthus. A. Loria, sostenendo che il fattore della procreazione è dominato da fattori di carattere economico, affermò che le condizioni di estrema povertà, lontane dalla risoluzione del problema dell’incremento della popolazione, come sosteneva Malthus, sono causa di ulteriori incrementi demografici.
Benché il nome di Malthus sia legato alla teoria della popolazione, il pensiero economico più recente, particolarmente per l’influenza di Keynes, ha dato crescente rilievo alla sua posizione critica nei confronti di Ricardo, alla esigenza da lui sottolineata di tener conto dei fatti monetari e di una possibile formazione ‘’eccessiva’’ di risparmio, nelle spiegazioni delle oscillazioni cicliche. Malthus si gravò di una posizione antistorica nella difesa delle rendite e dei consumi dei proprietari terrieri, come elemento di sostegno della domanda effettiva. Proprio in conseguenza a questo emersero le incomprensioni sul campo economico.