Viene confermata la riforma del Senato da Renzi, che parlando di “riforma costituzionale del Senato” prevede: mai più voto di fiducia al Senato, meno 315 stipendi a parlamentari e legislazione più spedita. Tre punti ipersintetici che ben si prestavano a quelle slide che tanto hanno fatto parlare. Le cose però, e ovviamente, sono un po’ più complesse e articolate. Vediamo allora quali sono i punti principali della riforma del Senato. Con l’abolizione del Senato così come lo conosciamo oggi a Palazzo Madama siederanno al massimo 150 senatori. Ma non si tratterà di senatori eletti e non riceveranno nessuna retribuzione. A comporre il nuovo Senato dovrebbero essere 108 sindaci dei comuni capoluogo, 21 presidenti di regione e 21 esponenti della società civile. Tutti rigorosamente senza stipendio e che restano in carica per un solo mandato. Con la riforma del Senato, oltre a essere più leggero e a costo zero, Palazzo Madama perderà buona parte dei suoi poteri, dal momento che non potrà più votare la fiducia al governo e si porrà fine al bicameralismo perfetto che rende così insopportabilmente lungo il cammino delle leggi. Avrà invece voce in capitolo sulla legge di stabilità e si occuperà di legislazione regionale e dei rapporti con l’Europa. L’abolizione di fatto del Senato (o almeno dei suoi poteri attuali) renderà ovviamente improponibile dare ai senatori uno stipendio equivalente a quello di oggi, al massimo si avrà un gettone di presenza per una camera che comunque si riunirà solo all’occorrenza o comunque sporadicamente. Ovviamente tutte queste funzioni in meno faranno sì che sarà completamente inutile avere, com’è oggi, uno sdoppiamento dell’amministrazione che gestisce le due camere. Sarà quindi tutto riunito sotto la sola amministrazione della Camera. Il che non significa che si licenzierà nessuno, ma semplicemente che non si sostituirà il personale che andrà in pensione. Ora, sappiamo bene tutti che per fare una riforma del genere occorre una procedura particolare sancita dalla nostra Costituzione all’articolo 138, quindi essendo necessaria una maggioranza molto più ampia occorre un accordo tra i vari partiti politici che siedono in Parlamento. Una sfida che attende un Governo non eletto dal popolo, un Governo costituitosi per volere del Presidente della Repubblica e che viene sorretto dall’appoggio di partiti esterni alla coalizione di centro-destra. La riforma nei suoi punti chiave è stata proposta, ora aspettiamo le votazioni e speriamo in un risultato utile quanto necessario.
MICHELE FASCETTI
OSPECA