Fino agli anni novanta la Comunità Europea ha conosciuto un’evoluzione espansionistica ed una spinta integrativa molto lenta, dettata dalla diffidenza (e la paura) con cui gli stati guardavano la possibilità di dover rinunciare a parte della loro sovranità e, più precisamente, di dover devolvere ad un livello superiore parti del proprio potere legislativo e giudiziario. Dal 1992 il processo integrativo conobbe però una brusca accelerata impressa da una pietra miliare della storia europea: il Trattato di Maastricht. Entrato in vigore il 1 novembre del 1993, esso diede vita ad una più ampia organizzazione ovvero l’attuale Unione Europea. Questa non finì per sostituire le tre originarie Comunità Europee (la “Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio”; la “Comunità Economica Europea”; la “Comunità Europea dell’Energia Atomica”) ma le ricomprese, instaurando inoltre un’ampia forma di cooperazione tra gli stati membri in due nuove materie: la politica estera e sicurezza comune (PESC) e la giustizia e affari interni (GAI), entrambe regolate nello stesso “Trattato sull’Unione Europea”. La neonata Unione Europea viene così fondarsi su tre pilastri: il primo rappresentato dalle Comunità Europee i cui trattati istitutivi sono stati sensibilmente modificati dallo stesso Trattato di Maastricht, il secondo che consiste nella politica estera e di sicurezza comune ed il terzo relativo a giustizia e affari interni. Finirono così per coesistere ben quattro trattati: il Trattato sull’Unione Europea (contenente la disciplina su politica estera, sicurezza comune, affari interni e giustizia); il Trattato sulla Comunità Economica Europea (ridenominata comunità europea), il Trattato sulla Comunità Europea dell’Energia Atomica ed il Trattato sull’Unione Europea che va’ a sostituire l’estinto Trattato sulla Comunità Europea Del Carbone e Acciaio. La strutturazione in tre pilastri comporta che nel primo piano operano le istituzioni, le fonti e i procedimenti propri delle comunità europee mentre negli altri due prevale un metodo intergovernativo in cui saranno i rappresentanti degli esecutivi statali i protagonisti del processo decisionale. Il trattato di Maastricht ha stabilito inoltre i ritmi, le condizioni e i criteri di convergenza per il passaggio ad una moneta europea unica, l’euro. Altra spinta considerevole è stata registrata sotto il profilo dei diritti umani dove il trattato del 1992 ha riconosciuto espressamente i diritti umani fondamentali della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo ed istituito una cittadinanza europea consistente in uno status giuridico spettante ad ogni cittadino di ogni stato membro. Le profonde innovazioni introdotte sono senza dubbio lo specchio dell’evoluzione comunitaria da struttura prevalentemente economica ad impianto socialmente integrativo. Altre due modifiche introdotte sono significative in tal senso: la nuova prassi della “co-decisione” secondo cui gli atti delle istituzioni europee sono adottati solo se sul testo si registra la comune volontà sia del Consiglio che del Parlamento Europeo e l’accettazione di un modello integrativo non necessariamente uniforme per tutti gli stati membri ma definito a “geometria variabile”. Modello che consente agli stati uno sviluppo integrativo più o meno intenso legato anche alle vicende interne. A testimonianza di ciò vi è la forte opposizione (e la mancata adesione) da parte di stati quali il Regno Unito all’adozione della moneta unica e le numerose clausole di opting in ed opting out che hanno permesso agli stati membri di non partecipare a specifici sviluppi dell’integrazione europea. I successivi Trattati modificativi, sino a quello di Lisbona del 2007, non hanno inciso sulla struttura e sul quadro normativo dell’Unione Europea così profondamente come quello di Maastricht. Innovazioni significative sono state apportate dal Trattato di Amsterdam del 1997, entrato in vigore nel 1999, in cui si accentua il carattere politico e sociale della nuova comunità facendo leva su principi di libertà e democrazia come basi dell’Unione Europea. Esso istituzionalizza inoltre il modello dell’Europa a più velocità prevedendo una cooperazione fondata sul meccanismo definito a “geometria variabile”. Sono state apportate modifiche al secondo pilastro, ma soprattutto è realizzata una parziale “comunitarizzazione” del terzo pilastro nel senso che materie appartenenti a esso sono sottratte al Trattato sull’Unione Europea e passano nell’ambito del Trattato sulla Comunità Europea, sottoponendole così a procedimenti ed istituzioni proprie di quest’ultimo. Il terzo pilastro vede così ridursi il suo ambito di applicazione alla sola cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. Il trattato di Nizza del 2001, entrato in vigore nel 2003, contiene novità sull’organizzazione giudiziaria, che però non sono attuate dallo stesso Trattato. Questi prevede che le istituzioni europee, attraverso determinate procedure, possano creare nuovi organi giudiziari e modificare alcune competenze di quelli esistenti. Non è stata inserita in questo trattato la Carta di Nizza dei diritti fondamentali, adottata nel 2000 dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione e recante importanti sviluppi e contenuti al catalogo dei diritti fondamentali. Con il Trattato di Roma del 2004 si cercò di creare una rivoluzionaria Costituzione Europea il cui testo fu elaborato da una Convenzione composta dai rappresentanti dei governi, della Commissione, del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali, determinando un processo partecipativo trasparente e aperto come mai era accaduto in passato. L’ultima parola, però, rimaneva comunque nelle mani dei governi e per questo la Costituzione non entrò in vigore, poichè era necessaria la ratifica di tutti gli Stati membri. Ratifica che non è avvenuta. A differenza della Costituzione Europea, che aveva come obiettivo quello di unificare in un unico trattato quello sull’Unione Europea e quello sulla Comunità Europea, il successivo Trattato di Lisbona del 2007 conserva la separazione in due distinti Trattati, ma interviene per modificarli. Il Trattato sulla Comunità Europea è ridenominato “Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea”, in conformità dell’unificazione della Comunità Europea e dell’Unione Europea nella sola Unione Europea. La suddivisione in due Trattati ha prodotto un quadro normativo spesso confuso e disordinato, poichè la disciplina di alcune materie è contenuta in parte in entrambi i Trattati. Al Trattato di Lisbona sopravvive quello della CEEA anche se con delle modifiche per raccordarlo a quelle introdotte dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. I contenuti più significativi introdotti dal Trattato di Lisbona sono stati l’abolizione della struttura in tre pilastri e la devoluzione del settore della Politica Estera e Sicurezza Comune a regole specifiche che ne sottolineano il carattere prettamente intergovernativo. E’ stato Istituito un Presidente dell’Unione eletto per un mandato di due anni e mezzo dal Consiglio Europeo ed un un Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, avente l’incarico di Presidente del consiglio degli “Affari esteri” e di Vicepresidente della Commissione; Sono aumentati i poteri del Parlamento europeo in materia di bilancio e di adozione degli atti dell’Unione, diventando, la co-decisione, la procedura legislativa ordinaria (accrescimento della legittimità democratica); È stato garantito il valore giuridico della Carta di Nizza dei diritti fondamentali e si è assistito ad un definitivo abbandono di un’ottica meramente economica e mercantile dell’Unione, che ora si occupa anche di sport, salute umana, turismo, politica spaziale ed energia.