“La riforma della giustizia non è più rinviabile”: così il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel suo intervento al Quirinale durante la cerimonia per l’insediamento del nuovo Consiglio superiore della magistratura. Il Capo dello Stato ha spiegato che occorre restituire efficienza ad una “macchina giudiziaria lenta e caotica, il cui funzionamento è largamente insoddisfacente.” E non sono tanto le parole, per quanto drammaticamente scoraggianti, ad illustrare la triste situazione giudiziaria del nostro Paese. Ma i numeri, pesanti come macigni. L’Italia è all’ultimo posto tra i Paesi dell’Ocse per la durata del processo civile: per il solo primo grado di giudizio nel 2010 si sono impiegati 564 giorni, contro una media degli altri Paesi di 240 giorni e i 107 giorni del Giappone, che ha invece la giustizia civile più veloce del mondo. Per la conclusione di un procedimento in tutti e tre i gradi di giudizio, invece, il tempo medio stimato si attesta nell’area Ocse sui 788 giorni, con un minimo di 368 in Svizzera ed un massimo di circa 2.920 in Italia ( circa 8 anni). Tale esageratamente lunga durata dei processi in Italia comporta diverse conseguenze, a partire dalla scarsa fiducia dei cittadini nel sistema giudiziario. Il punto non è di poco conto, perché un Paese non può dirsi civile se non è in grado di assicurare una tutela efficiente ai propri cittadini e perché la scarsa fiducia nella giustizia genera influenze negative sull’economia reale: imprese e singoli, infatti, per la incertezza sui tempi e sull’esito finale del giudizio in tribunale, nonostante ritengano di aver ragione preferiscono sempre più spesso trovare un accordo extra-giudiziale rinunciando in media al 36% della somma a loro favore pur di non andare in giudizio; per non parlare poi di come l’inefficienza della giustizia italiana renda poco attrattiva agli occhi degli investitori esteri la nostra economia nazionale, scoraggi gli investimenti degli imprenditori e la crescita dimensionale delle aziende.
Esiste, inoltre, un’altra conseguenza che la irragionevole durata dei processi determina, forse meno conosciuta, perché maggiormente tecnica, ma non per questo meno rilevante. Si tratta delle pesanti sanzioni con le quali più volte l’Italia è stata condannata dalla Corte di Strasburgo per la eccessiva durata dei processi in violazione dell’art 6 della CEDU; tanto che addirittura lo stesso legislatore nazionale italiano, ben consapevole della situazione, con la c.d. legge Pinto ( l.89/2001) ha sancito il diritto di ogni cittadino ad una equa riparazione, nel caso in cui il processo che lo veda parte in causa superi la c.d. durata ragionevole, attraverso un indennizzo a suo favore liquidato dal giudice “ in misura non inferiore a 500 euro e non superiore a 1.500 euro per ciascun anno o frazione di anno superiore a sei mesi che eccede il termine ragionevole”. In pratica, uscendo dal gergo tecnico, un lungo processo può anche farci guadagnare un indennizzo, ma è anche per tale motivo inevitabilmente espressione di una grave inefficienza del sistema giudiziario.
Ed è proprio a questa inefficienza che il governo Renzi intende far fronte con la riforma della giustizia illustrata dal ministro Andrea Orlando, attraverso 7 gruppi di provvedimenti volti a migliorare la macchina della giustizia e a far ripartire l’economia del Paese. Le tematiche affrontate concernono:
1) Rapidità del processo civile: l’obiettivo del governo è quello, attraverso un decreto legge, di intervenire con misure urgenti per degiurisdizionalizzare e definire rapidamente l’arretrato nel processo civile. Per fare ciò il provvedimento prevede l’introduzione dell’istituto della negoziazione assistita, cioè una conciliazione con l’assistenza degli avvocati che, da un lato, eviti il giudizio e che, dall’altro, consenta la rapida formazione di un titolo esecutivo stragiudiziale; la possibilità per le parti di chiedere il trasferimento delle cause pendenti in sede arbitrale; una semplificazione dei procedimenti di separazione e divorzio, per cui i coniugi possano comparire innanzi all’ufficiale dello stato civile del Comune (e non più davanti al giudice) per concludere un accordo di separazione o divorzio consensuale; il passaggio d’ufficio, per le cause meno complesse e per la cui decisione è idonea una istruttoria semplice, dal rito ordinario di cognizione al rito sommario (più snello e rapido) ; il dimezzamento del periodo di sospensione feriale nei tribunali dal 6 Agosto al 31 Agosto (anziché dal 1 Agosto al 15 Settembre) ; un incremento del saggio di interesse moratorio durante la pendenza della lite (per cui chi non paga i propri debiti dovrà pagare più interessi) ; la possibilità di ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare da parte dell’ufficiale giudiziario.
2) Efficienza del processo civile: per migliorare efficienza e qualità della giustizia, in chiave di spinta economica, il disegno di legge-delega vuol conferire maggiori competenze al tribunale delle imprese consolidandone la specializzazione; rafforzare le garanzie dei diritti della persona, dei minori e della famiglia mediante l’istituzione di sezioni specializzate per la famiglia e la persona; garantire speditezza del processo mediante la revisione della disciplina delle fasi di trattazione e di rimessione in decisione.
3) Responsabilità civile dei magistrati : il disegno di legge determina l’ampliamento dell’area di responsabilità dei magistrati, la certezza della rivalsa (ad opera dello Stato) nei confronti del magistrato e soprattutto un coordinamento con la responsabilità disciplinare dei giudici.
4) Riforma organica della magistratura onoraria: viene predeterminato uno statuto unico della magistratura onoraria, applicabile ai giudici di pace, ai giudici onorari di tribunale e ai vice procuratori onorari.
5) Estradizione: l’obiettivo è quello di valorizzare, nei rapporti tra Stati membri dell’Unione europea, il meccanismo della trasmissione diretta della rogatoria all’autorità giudiziaria competente all’esecuzione, assicurando la trattazione immediata delle rogatorie urgenti. E’ previsto, inoltre, il superamento del preventivo vaglio della Corte di Cassazione sulla competenza, che provoca un ulteriore rallentamento delle relative procedure.
6) Processo penale: sono stabilite modifiche alla normativa penale, sostanziale e processuale, per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi, oltre che all’ordinamento penitenziario per l’effettività rieducativa della pena.
7) Patrimoni illeciti: il relativo disegno di legge (che vede come co-proponente il Ministro dell’Interno, Angelino Alfano) prevede modifiche al codice penale e di procedura penale per il contrasto alla criminalità organizzata ed ai patrimoni accumulati illecitamente, oltre che di recupero della repressione effettiva del reato di c.d. ”falso in bilancio”.
Non sono mancate e non mancano critiche e contrasti alla riforma presentata, sollevate da diverse voci del contesto sociale e giuridico. C’è chi ha parlato di una riforma della giustizia che assomiglia ad un favore fatto alla lobby degli avvocati, ai quali viene concesso un ruolo sostanzialmente di monopolio nella gestione della controversia stragiudiziale. C’è, inoltre, una larga parte dell’accademia giuridica contraria all’eccessivo uso degli strumenti di mediazione e conciliazione in funzione deflattiva del contenzioso : si ritiene, infatti, che non siano tali strumenti a migliorare il processo civile, quanto piuttosto, al contrario, sia proprio l’efficienza e il buon funzionamento del processo a rendere più utili gli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie. In pratica, si dice, è solo se il processo funziona ed è certo nelle sanzioni che può far paura alle parti e può portarle ad un accordo prima del giudizio, altrimenti le stesse proveranno comunque ad andare in udienza confidando nei lunghi tempi e nel mal funzionamento della giustizia. Non mancano, infine, le perplessità dell’Associazione nazionale dei Magistrati, contraria all’estensione della responsabilità dei giudici, vista come una norma punitiva nei loro confronti, e ad un intervento considerato scarsamente risolutivo in materia di prescrizione.
Ad ogni modo, il percorso della riforma è appena cominciato e vista la delicatezza della materia non potevano non esserci diverse posizioni e spunti di riflessione; spetterà al Governo prima e al Parlamento poi portare avanti e a compimento l’iter intrapreso, nella consapevolezza che critiche, ostacoli e opportunità di miglioramenti non mancheranno, ma convinti anche che ormai, come dice il Capo dello Stato, “la riforma della giustizia non è più rinviabile”.
OSPECA
SIMONE CIMA