LA SPAGNA HA VOLTATO PAGINA

Il titolo del report del Fondo Monetario Internazionale sul paese iberico induce a pensare che il paese iberico abbia invertito rotta riportandosi sulla strada della crescita.
Effettivamente guardando i dati trimestrali sul PIL la Spagna cresce dello 0,6%, addirittura al di sopra di quanto aspettato dalla stessa banca centrale di Madrid. Di conseguenza sono state riviste anche le stime annuali portate all’1,2% anche perché è stato confermato il trend positivo degli ultimi tre trimestri.
La disoccupazione è diminuita per la prima volta dall’inizio della crisi del 2008 con la creazione, nell’ultimo anno, di quasi 200.000 posti di lavoro. Di questi una larga parte sono rapporti lavorativi a tempo determinato.
Nonostante l’inversione di tendenza registrata, il tasso di disoccupazione in Spagna si attesta ancora intorno al 25%.
Le esportazioni sono aumentate del +8,1%, in particolare con i paesi emergenti, e ricomincia ad entrare un flusso di investimenti esteri diretti. I consumi privati sembrano riprendersi sospinti anche da una maggiore fiducia dei consumatori e dal miglioramento delle prospettive occupazionali.
Piccoli segnali di ripresa ma che permettono di guardare al futuro con ottimismo. Andiamo ora a vedere le misure più importanti intraprese dal governo Rajoy che hanno condotto l’economia spagnola alla ripresa.

LA RIFORMA DEL LAVORO
In primo luogo va considerata la riforma del mercato del lavoro varata nel Febbraio 2012 dal governo spagnolo eletto un anno prima. Gli interventi sono stati molteplici.
Le agenzie di collocamento private sono state poste allo stesso livello di quelle pubbliche; perciò coloro che cercano lavoro potranno rivolgersi, sia alle une che alle altre, gratuitamente nella maggior parte dei casi. L’obiettivo è quello favorire un punto d’incontro tra domanda ed offerta di lavoro.

Tabella 1 – Contributo dei centri d’impiego nel trovare lavoro in Europa

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Dati presi dalla conferenza OSPECA “L’impresa di domani”

E’ stata data maggiore importanza ai contratti aziendali rispetto a quelli collettivi. L’impresa possono rinunciare ai contratti regionali o settoriali, facendo scattare la giusta causa, quando si registrano o, talvolta, prevedono perdite. In questo modo si è voluto rendere più flessibile l’occupazione in quanto il datore di lavoro può modificare unilateralmente le condizioni di lavoro (stipendi, monte ore lavorative e organizzazione del lavoro) se motivato da ragioni economiche, tecniche e organizzative.

Novità anche sul fronte dei licenziamenti. E’ stata introdotta la possibilità di licenziamento in caso di tre trimestri negativi dal punto di vista dei ricavi o del reddito ordinario senza una necessaria autorizzazione amministrativa, come accade nella maggior parte dei paesi OCSE. Tuttavia se sono coinvolte aziende con più di 50 addetti è previsto l’obbligo di organizzare o finanziare programmi speciali di riqualificazione e ricollocazione dei lavoratori licenziati.
Sono stati aumentati i casi in cui le imprese devono versare dei contributi in caso di licenziamento di over 50. Infatti sono tenute ad adempiere a questo dovere le aziende che hanno registrato profitti nell’anno precedente il licenziamento e quelle che registrano profitti nei quattro anni successivi.

Inoltre il governo Rajoy ha voluto incentivare la stipula di contratti full-time a tempo determinato, con incentivi e rimborsi fiscali, di part-time e apprendistato.

DEFICIT SPENDING
Prima del 2008 il bilancio pubblico spagnolo era fondamentalmente in pareggio, nel 2009 è crollato al -11%, l’anno scorso il deficit si attestava al 5.9% mentre l’anno prossimo salirà al 6%.
Il rapporto debito/PIL pre-crisi era pari al 41%, adesso al 100% e l’anno prossimo al 103%. Osservando questi due andamenti si capisce che la Spagna ha intrapreso una politica fiscale fortemente espansiva, al contrario di altri paesi simili. Questa importante spesa sociale ha smorzato gli effetti della crisi e, di certo, anche l’aiuto europeo di 37 miliardi, erogato dal fondo salva-stati per salvare le banche spagnole, ha dato una boccata di ossigeno.

Comunque è ancora presto per giudicare la bontà della riforma del governo Rajoy ma i primi riscontri fanno ben sperare per il futuro.
La svalutazione salariale, favorita dall’alto tasso di disoccupazione, ha permesso l’accumulo extra-profitti che sono stati in parte impiegati in investimenti che hanno fatto ripartire il motore dell’economia.
Dati alla mano, la Spagna ancora non ha voltato pagina ma almeno si è posta sulla strada giusta.

OSPECA
MAURO MARTINO

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