Franco Modigliani (Roma 1918 – Cambridge 2003) è l’unico italiano ad aver vinto il Nobel per l’economia.
Intraprese gli studi nella capitale italiana ma, per via delle sue origini ebraiche, nel 1939 fu costretto a trasferirsi prima a Parigi poi negli Stati Uniti.
Nel 1948 iniziò la sua carriera accademica che lo portò ad insegnare in diverse università americane e a lavorare con diversi professori tra i quali ricordiamo Miller. Insieme formularono il Teorema di Modigliani-Miller della finanza aziendale.
In questa sede approfondiremo meglio un altro dei suoi studi più noti: la teoria del ciclo vitale.
Una delle motivazioni che inducono a risparmiare consiste nella necessità di provvedere alla pensione. Perciò i giovani risparmieranno in modo da avere denaro da spendere una volta che, divenuti anziani, non lavoreranno più.
I più giovani detengono poca ricchezza mentre gli individui di mezza età ne hanno di più, raggiungendo il massimo alle soglie dell’età pensionabile. Dopo aver smesso di lavorare, i pensionati liquidano le proprie attività per assicurarsi alimenti, alloggio e svago per il resto della loro vita. Le attività di cui gli anziani si disfano vengono acquisite dai giovani che si trovano ancora nella fase del ciclo vitale dedicata all’accumulazione di denaro.
In presenza di una popolazione in crescita, vi sono più giovani che anziani, più individui con risparmio positivo che con risparmio negativo; pertanto la riduzione complessiva dei risparmi da parte degli anziani sarà inferiore al risparmio complessivo dei giovani, e si osserverà un risparmio netto positivo. Se i redditi aumentano, i giovani risparmieranno più di quanto gli anziani alienano.
Di conseguenza la crescita economica, al pari di quella della popolazione, genera risparmi positivi; più marcata è la crescita, più elevato risulterà il tasso di risparmio.
In un’economia che non cresce, le attività verranno semplicemente passate di mano senza incrementarsi.
Nel tempo sono state mosse diverse critiche alla teoria di Modigliani.
La prima è stata chiamata “critica del celibato” secondo cui non è stata considerata la possibilità di avere figli nelle prime fasi del ciclo vitale e, conseguentemente, di dover destinare una parte delle attività in eredità durante la fase finale di tale ciclo. In realtà il primo aspetto fu considerato, fin dai primi scritti, come un fattore che ritardasse il risparmio per la pensione.
In un secondo momento, la crescente enfatizzazione sui lasciti ereditari ha fatto sì che la teoria del ciclo vitale assegnasse una percentuale minore di ricchezza nazionale al risparmio da ciclo vitale.
Altra critica mossa attiene all’incertezza che lo stesso Modigliani riteneva di difficile risoluzione. Tuttavia sostenne che questo fattore determinasse un ulteriore risparmio di natura precauzionale, riprendendo per certi versi la teoria keynesiana.
Però l’aspetto più contestato nella teoria del ciclo vita è quello secondo cui gli individui elaborano piani razionali, coerenti e intertemporali, e agiscono come se massimizzassero una funzione di utilità definita lungo tutti i periodi dell’arco vitale. Nella realtà dei fatti l’individuo tende a rimandare il momento in cui inizia a risparmiare per la pensione. Questo comportamento, anche alla luce dell’interesse composto con cui vengono calcolati gli interessi, può essere un grosso errore.
Nonostante le forti critiche mosse nel tempo, la teoria del ciclo vitale ha dato un importante contributo al pensiero economico volto al risparmio. Ancora oggi rappresenta una valida descrizione empirica sui comportamenti individuali
OSPECA
MAURO MARTINO