La scorsa settimana, grazie ad Ospeca, abbiamo affrontato il tema della evasione fiscale in Italia. In particolare l’attenzione è stata orientata ad una disamina generale di tale fenomeno e delle conseguenze da esso prodotte nella società, oltre che ad un’analisi degli strumenti di lotta alla evasione. La tematica, tuttavia, lungi dall’essere esaurita, risulta prismatica e multiforme, tale da prestarsi a studi in grado di ramificarsi in una molteplicità di direzioni. Per questo motivo dunque cercheremo di proporre altri aspetti peculiari del fenomeno evasivo, partendo da una prospettazione di casi operativi pratici di evasione, per poi arrivare, successivamente, ad un’indagine del sistema penal-tributario previsto dal nostro ordinamento per la repressione delle varie fattispecie di reati tributari.
Scendendo , infatti , “ sul campo “ della evasione , oltre a tecniche evasive popolarmente diffuse tra i contribuenti, come quelle delle c.d. vendite in nero, cioè effettuate senza emissione di scontrino, fattura o ricevuta fiscale, o delle dichiarazioni dei redditi omesse, fraudolente o infedeli, esistono altri casi pratici di evasione molto più complessi e sofisticati, forse meno conosciuti, ma sicuramente più dannosi in termini quantitativi.
Alcuni esempi operativi al confine tra evasione ed elusione sono rappresentati, in particolare, dai fenomeni di c.d. transfer pricing e stabili organizzazioni occulte.
Il transfer pricing può essere definito come il complesso di tecniche, adottate dalle imprese multinazionali, nella formazione dei prezzi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi tra le diverse entità del gruppo, operanti in Stati diversi.
Queste politiche sui prezzi di trasferimento si realizzano in base a “ direttive” imposte dal soggetto controllante , limitando di fatto la libertà contrattuale delle proprie controllate, e concependo così un procedimento mirato al risparmio di imposta. La pericolosità evasiva risiede, infatti, nella possibilità che, manovrando i corrispettivi delle operazioni infragruppo, i redditi siano convogliati verso la capogruppo o verso società del gruppo situate in Stati a bassa fiscalità. Per tale motivo l’art 110 TUIR (Testo Unico Imposte sui Redditi ) consente, nelle ipotesi di operazioni infragruppo con imprese non residenti , di disattendere il corrispettivo di cessioni e/o prestazioni imposto e rettificare gli elementi reddituali in base al valore corrente ( di mercato ) dei beni e servizi scambiati. Tale disciplina mira dunque a riportare le operazioni infragruppo a una condizione di libera concorrenza , rideterminando il prezzo delle stesse transazioni secondo il criterio del valore “ normale” e raffrontando l’operazione sospetta con altre analoghe realizzate in regime di libero mercato. La stessa Corte di Cassazione, nel 2006, ha affermato che “lo scopo della disciplina è quello di evitare che all’interno del gruppo vengano posti in essere trasferimenti di utili tramite applicazione di prezzi inferiori al valore normale dei beni ceduti, onde sottrarli alla tassazione in Italia a favore di tassazioni estere inferiori “ .
Altra ipotesi di confine tra evasione ed elusione è quella concernente le stabili organizzazioni occulte. Si tratta di casi in cui società madri, formalmente residenti ed operanti in paradisi fiscali, risultano in realtà svolgere la propria attività in Italia per mezzo di stabili organizzazioni ivi situate. La conseguenza che tale pratica genera è quella della c.d. esterovestizione dei redditi , cioè un vestire ed un considerare come esteri dei redditi che invece sono stati prodotti in Italia e che come tali ivi dovrebbero essere tassati. La constatazione dell’esistenza di una costruzione di mero artificio richiede, tuttavia, sia un elemento soggettivo, consistente nella volontà di ottenere dei vantaggi fiscali in tal modo, sia un elemento oggettivo, dal quale emerga che l’intenzione di stabilimento sia meramente fittizia.
Un ulteriore caso pratico operativo di evasione e frode IVA è la c.d. frode carosello. Per comprenderla risulta opportuno premettere e tenere a mente che le operazioni intracomunitarie tra soggetti passivi d’imposta sono esenti IVA nello Stato membro di origine dei beni, e sono invece soggette a tassazione nello Stato membro di destinazione. Ciò premesso, la frode carosello si configura nel seguente modo: una società comunitaria ( A ) effettua una fornitura di merci intracomunitaria esente IVA ad una società fittizia ( B ) in un altro Stato dell’Unione Europea. La società B , per il particolare regime dell’IVA intracomunitaria, acquista le merci senza pagare l’imposta e annota la fattura sia nel registro delle vendite che in quello degli acquisti IVA in modo da autoliquidare l’imposta sul valore aggiunto. Sarà solo successivamente, al momento della rivendita del bene nel territorio nazionale, che la nuova fattura comprensiva di IVA sarà inserita nel registro delle vendite , facendo sorgere un nuovo debito di IVA , questa volta però non pareggiato da altri crediti e quindi esigibile direttamente dallo Stato. Pertanto B ( società fittizia ) quando effettua una fornitura nazionale ad una terza società C , emette una fattura comprensiva di IVA e incassa così l’IVA sulle vendite fatte a C . A fronte di tale incasso, però, B non versa, come dovrebbe, l’IVA all’Erario poiché tale società fittizia scompare ( trasferendo la propria sede o rendendosi comunque irreperibile ) , mentre C detrae l’IVA assolta sugli acquisti effettuati presso B . In realtà, però, C incassa un’IVA non versata ( da B ) , tutelandosi mediante l’artifizio di far ricadere la responsabilità del mancato assolvimento sulla società fittizia, con conseguente guadagno di entrambe le società e danno solo per l’Erario.
Addirittura, per rendere ancora più difficoltose le indagini e scongiurare il rischio di una eventuale responsabilità solidale sul pagamento dell’IVA , vengono spesso interposte tra la società fittizia ( B ) e la terza società ( C ) anche altre società intermediarie ( D ) , anch’esse appartenenti alla associazione fraudolenta, con il solo compito di acquistare e rivendere la merce con un margine di guadagno irrisorio.
Tale meccanismo di c.d. frodi carosello consente, quindi, di creare un fittizio diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto o alla richiesta di un rimborso del credito IVA. Del resto l’estensione comunitaria di tali condotte illecite ostacola l’attività accertativa della amministrazione finanziaria, che deve necessariamente far ricorso a strumenti di cooperazione amministrativa internazionale.
OSPECA
SIMONE CIMA