La legge 7 marzo 1996, n. 108, Disposizioni in materia di usura, ha segnato una svolta nella lotta al fenomeno dell’usura sia dal punto di vista della rilevanza penale che sul piano civilistico, ridefinendo la fattispecie del relativo reato regolata all’art. 644 c.p.. e delegando per la misurazione del tasso soglia il Ministro del tesoro, (sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi), affinchè «rilevi trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli elenchi tenuti dall’Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d’Italia ai sensi degli articoli 106 e 107 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura» (art. 2).
Più recentemente, la soglia antiusura è stata rimodulata con D.L. n. 70/2011 convertito in legge n. 106/2011, il cui art. 8, comma 5, lett. d) è intervenuto sull’art. 2, comma 4°, della l. 108/1996, che ora individua il tasso soglia nel «tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali. La differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali». Secondo la prospettiva prescelta dal legislatore, dunque, gli interessi pattuiti o promessi in misura superiore alla soglia individuata con il metodo sopra descritto sono usuari per definizione e per giurisprudenza costante non sono dovuti interessi in applicazione dell’art. 1815, comma 2° c. c.
Per quanto il predetto articolo del codice civile sia relativo ai rapporti di mutuo, la giurisprudenza, almeno a partire da Cass., 24 settembre 2002, n. 13868, ne estende la portata a tutti i rapporti di credito.
Un ulteriore tassello alla disciplina in commento è stato apportato dall’art. 1, comma 1, d.l. 29 dicembre 2000 n. 394, legge di interpretazione autentica della l. 7 marzo 1996 n. 108, convertito, con modificazioni, in l. 28 febbraio 2001 n. 24, secondo il quale «ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815, 2° comma, c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento».
Ciò detto, ai fini civilistici, inquadrato il modello principale di usura come quella fattispecie per cui al momento della pattuizione dei tassi di interessi essi superano la soglia individuata ex lege, si è posto il problema dell’ampiezza della base di calcolo del costo del denaro da considerare e parametrare alla soglia.
Per quanto la formulazione delle norme che consentono di individuare il tasso antiusura risulti abbastanza appagante, di recente si è diffusa tra gli operatori una certa euforia o preoccupazione, a seconda delle posizioni, derivante dall’ipotetica rilevanza a fini antiusura del tasso previsto contrattualmente per gli interessi moratori, sulla scorta di una lettura estensiva della formula riferita genericamente agli interessi «promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo» di cui all’art. 1, comma 1°, l. n. 24/2001
L’orientamento sembrava riconducibile alle nota sentenza Cass. Civ., 9 gennaio 2013, n. 350, ma tale tentativo ermeneutico è stato fortemente contrastato alla luce della diversa natura e funzione degli interessi moratori rispetto a quella remunerativa degli interessi corrispettivi
Sul punto, occorre ricordare la presa di posizione dell’Arbitro Bancario Finanziario, che con due decisioni gemelle (Collegio di Coordinamento, decisioni 28.03.2014, n. 1875 e 30.04.2014, n. 2666), ha affermato che «operazioni di sommatoria tra interessi corrispettivi ed interessi moratori, (…) rimangono errate e antigiuridiche» (così Collegio di Coordinamento, decisione 28.03.2014, n. 1875, relatore GAMBARO), dimostrandosi prudente ed allineato a quella parte della giurisprudenza più equilibrata che non ammette operazioni creative di sommatoria, da ultimo, Tribunale di Milano, sent. 22 maggio 2014 e Tribunale di Milano, 3 dicembre 2014.
D’altronde, coerente con l’impossibilità di includere gli interessi moratori nel calcolo per il tasso soglia è altresì la modalità di rilevazione di quest’ultimo. Come precisato dalla Banca d’Italia nei “Chiarimenti in materia di applicazione della legge antiusura” diffusi il 3 luglio 2013, l’esclusione degli interessi moratori dal calcolo del TEG si motiva in quanto essi «non sono dovuti dal momento dell’erogazione del credito, ma solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del cliente».
Di recente, il Tribunale di Milano è tornato sulla questione del calcolo a fini antiusura
La decisione del Foro meneghino 23 dicembre, 2014, n. 15318 è andata persino oltre l’esclusione di qualsiasi sommatoria tra interessi corrispettivi e moratori, affermando che le istruzioni dettate per il calcolo del T.E.G.M. dalla Banca d’Italia hanno carattere vincolante.
L’ordinanza n. 15318/2014 ha persino rigettato una richiesta di CTU che non poggiava sui criteri predisposti dalla Banca d’Italia, contribuendo quindi a tracciare i confini rilevanti ai fini del tasso soglia e ancorandoli a parametri certi
In particolare, in relazione alle richieste di consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale meneghino si è così espresso: “Le contestazioni di usurarietà del rapporto fondate su formule di calcolo differenti da quelle adottate dalla Banca d’Italia per la rilevazione dei Tassi Effettivi Globali Medi non sono attendibili e, pertanto, rendono inammissibile in quanto esplorativa una consulenza tecnica d’ufficio di tipo contabile.”
La pronuncia (dopo Tribunale di Milano con le decisioni del 21.10.2014, ed ancor prima del 03.06.2014), si innesta nel percorso di recupero della certezze nei rapporti bancari che esigenze di tutela forse estremizzate avevano messo in discussione. Il passaggio avviene attraverso la valorizzazione delle Istruzioni di Banca d’Italia che, nelle parole del Tribunale “oltre a rispondere all’elementare esigenza logica e metodologica di avere a disposizione dati omogenei al fine di poterli raffrontare, hanno anche natura di norme tecniche autorizzate”.
OSPECA
ALESSANDRO PARCA