La nascita delle crisi finanziarie può dipendere da molte variabili, e l’economia mondiale nell’ultimo ventennio è stata colpita varie volte.
La crisi più imponente è stata quelle del 2008: nata da politiche monetarie sbagliate e dall’ingegneria finanziaria che ha favorito la nascita di prodotti a leva su una bolla speculativa sul settore immobiliare.
Nel 2011 si è verificata quella del debito pubblico nella zona euro che ancora oggi non si è riuscito totalmente a stanare, basti vedere i problemi sulle banche nei paesi europei quali Italia, Grecia e Portogallo. Più che crisi finanziaria quella europea è una crisi strutturale, in quanto i paesi quali Italia, in primis, hanno bisogno di profonde riforme soprattutto nel settore bancario.
Un modello economico, forse l’unico che descrive una crisi economica è quello di H. Minsky che nella metà degli anni novanta descrisse in maniera realista come si crea una bolla e il suo successivo scoppio. Gli operatori economici in situazioni di bassi tassi di interesse si spostano da posizioni a tassi bassi e a reddito fisso a posizioni sempre più rischiose e a tassi più alti. Il modello di Minsky può essere suddiviso in tre parti che costituiscono la teoria dell’instabilità finanziaria. La prima descrive le tipologie di cash flow, i margini di sicurezza e le posizioni finanziarie. Secondo Minsky le posizioni che possono assumere gli operatori sui mercati possono essere tre: ‘coperta’ nel caso in cui i flussi di contante di reddito in entrata siano in eccesso rispetto agli esborsi sulle passività in ogni periodo. La posizione finanziaria è ‘speculativa’ se a breve termine le entrate di contante risultano inferiori agli impegni di pagamento dovuti, ma la parte di reddito dei flussi di contante è pur sempre superiore al costo dell’interesse sul debito. La posizione finanziaria è ‘ultraspeculativa’ quando la parte di reddito dei flussi di contante è, nel breve termine o anche per buona parte dei periodi rilevanti, addirittura inferiore rispetto alla parte di interesse sui pagamenti. Secondo Minsky se per un determinato periodo prevale un mix di finanziamento coperto e speculativo delle posizioni di finanziamento interno ed esterno degli investimenti, vi sono all’interno dell’economia degli incentivi al cambiamento di tale mix. Lo spostamento dell’economia da una finanza coperta ad una ultraspeculativa comporta un aumento dell’instabilità, una diminuzione dei margini di sicurezza, e ciò comporta un aumento del rapporto del rapporto debito/capitale proprio. Questo modello però a distanza di anni si può essere modificato e ampliato con una visione più finanziaria.
Osservando ciò che è successo nel 2008 e le successive politiche monetarie attuate dalle banche centrali di tutto il mondo si può delineare un modello di previsione di una crisi finanziaria. Partendo da un’analisi delle economia avanzate quali Europa e Usa possiamo vedere come entrambi si trovano in crollo dell’azionario e in situazione di bassa inflazione e di una crescita rallentata. Il modello di crisi si può sintetizzare in 4 fasi: la fase uno coincide con la fine di una recessione, dove le politiche espansive delle banche centrali hanno tenuto basso il costo del denaro è basso e i mercati azionari sono ancora in calo in base alle aspettative di basse redditività delle società. La fase due è caratterizzata da un miglioramento di Borse e dei bond che vivono una fase rialzista. L’attività creditizia favorevole favorisce una ripresa dell’economia. La fase tre è un periodo in cui l’azionario cresce e si gonfia ma gli spread creditizi si ampliano e il mercato si comporta come se fosse illiquido. Dopo mesi e mesi di forti guadagni, i Ceo delle imprese diventano spesso troppo propensi al rischio e si possono formare delle bolle: questo passaggio è molto simile al modello di Minsky in cui gli operatori si spostano in situazioni ultraspeculative. Le Borse corrono, ignorando i primi segnali di un deterioramento del mercato del credito. La fase quattro, infine, è quella in cui l’azionario reagisce alla mancanza di credito disponibile e incomincia a flettere entrando in un classico mercato ribassista in cui i prezzi delle obbligazioni e le Borse scendono all’unisono. Questa ultima fase è collegata al peggioramento dei bilanci delle aziende e all’aumento della probabilità di non rimborso dei Bond causato dal rialzo dei tassi da parte delle banche centrali finalizzato al contrasto della speculazione e dell’inflazione.
Questo modello sembra spiegare la situazione attuale delle borse in cui tutte le quotazioni scendono pesantemente (anche per via del basso costo del petrolio che porta con sè lo spettro della deflazione), il rialzo troppo presto dei tassi della Fed (che ha irrigidito la liquidità) e il rallentamento della Cina.
Fabio Marinaro