Ecco a voi la nuova tendenza del momento: il DEF

Ormai è diventata la nuova moda del momento. Dopo lo spread adesso tocca a lui: vi presento il Def. Per chi ancora non fosse ancora al passo con i tempi stiamo parlando del documento di economia e finanza.

Per essere ancora meno “alla moda con i tempi” vi dico che non si tratta di una legge, ma di un documento: occorre, però tener bene presente la sua importanza visto che il suo scopo è quello di indicare il piano d’azione del governo in tema di economia. Si divide in tre parti: Programma di Stabilità dell’Italia, a cura del Dipartimento del Tesoro; analisi e tendenze della finanza pubblica redatta dalla Ragioneria Generale dello Stato e programma nazionale di Riforma, concordata dal Dipartimento del Tesoro stesso dietro accordo con il Dipartimento delle Politiche europee. Bene, ora se fosse dei Parlamentari che vengono ironicamente intervistati dal programma televisivo “Le Iene” sapreste rispondere cosa sia questa strana sigla ora tanto alla moda. Ma per fortuna vostra siete dei semplici cittadini.

Torniamo alle alte cariche, quelle che contano davvero. Ebbene tutti i Presidenti del Consiglio si presentano in conferenza stampa e con aria altezzosa dicono: questo documento economico e finanziario è una cosa seria e rigorosa che più seria e rigorosa non si può. Il Def in effetti si prende sul serio e gli euroburocrati lo prendono sul serio. E i giornali e i giornalisti economici lo prendono sul serio. E le tabelle sono cose serie. E gli economisti lo prendono sul serio. Insomma nulla è più serio del Def. È talmente serio che delle persone serie, che da qualche giorno guadagnano non più del Presidente della Repubblica, ci lavorano giorno e notte per mesi. Il Def è la cornice in cui è contenuto il dipinto dell’economia italiana. Le imprese assumono, vendono e comprano; il Def lo sa: tanto che nella sua tabella calcola minuziosamente il contributo delle imprese private alla ricchezza nazionale per l’anno in corso e per i due a seguire.

Il Def, se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo. Ma ha un piccolo, insormontabile e ormai sperimentato difetto. Le cifre fondamentali che esso contiene sono seriamente e puntualmente fasulle. Boiate. Il solito disfattista? Eh no su, facciamo i seri. Prendiamo dunque Monti: un anno fa (non nella preistoria) aveva previsto nel Def una crescita del Pil dell’1,3%, un deficit dell’1,8 e un debito al 129% del medesimo Pil. Tutto sbagliato. Perché? Arriva Letta e dopo pochi mesi si passa a una crescita ridotta all’1,1%, a un deficit che sale al 2,5 e al debito che balza al 133%. Ancora non vi ho convinto? Arriviamo allora al nostro ultimo venditore. La previsione di crescita del Pil per l’anno in corso passa dall’1,3 di Monti allo 0,8%: il che vuol dire lo 0,5% in meno. Insomma il prof. aveva toppato quasi del 40% le sue previsioni. Nel loro Def i prof sostenevano che le sole riforme avrebbero fatto crescere il Pil dello 0,7%.

Il Def sarà pure una cosa seria, come ha detto Renzi, e prima di lui Monti e Letta, ma non è realistica. L’ultima news ci dice che quest’anno sarà ancora duro con una crescita ridotta. Mentre nel 2015 le cose andranno meglio: saremo in forma, grazie, ovviamente, alle riforme di Renzi. Per l’anno che corre dobbiamo arrangiarci e raccattare il raccattabile. Per coprire i sacrosanti tagli fiscali. Ebbene Letta ci aveva raccontato nella presentazione del suo Def che non sarebbe stato serio fare i conti considerando i tagli previsti dalla spending review di Cottarelli, ma oggi diventa serio utilizzare 4,4 miliardi di quei quattrini (tutti ancora da tagliare) per abbassare le tasse. Renzi sarà pure molto serio, ma ha anche una buona dose di malizia, e tira fuori dal cilindro una nuova tassazione per le banche. Colpo da maestro (anche se su questa materia il copyright indiscusso è di Giulio Tremonti). E si inventa una nuova tassazione una tantum sulle plusvalenze che gli istituti faranno dalla rivalutazione delle quote di Bankitalia.

Che vuol dire tutto questo? A Roma si definirebbe (l’intera operazione) una sòla, con l’accento al posto giusto. Insomma: una tassa è sempre una tassa. Abbiamo detto che il Def è una cosa seria e non possiamo rimangiarci ciò che abbiamo sostenuto poco fa. Ma tocca mettersi d’accordo ed essere precisi. L’unica cosa che in esso conta è la previsione della crescita economica: errata quella, si sbaglia tutto, dal debito, all’occupazione, alle entrate fiscali, al deficit. E dunque l’unica domanda che ci dobbiamo porre è: Renzi, con la sua prima defiscalizzazione, con il suo ottimo decreto che “sbottiglia” il lavoro a tempo determinato è riuscito a immettere nel mercato quel pizzico di fiducia che farà riprendere consumi e investimenti? Se la risposta è sì, il Def e i suoi numeri potete con tranquillità archiviarli in quel famoso cassetto dove dovete sempre riporre tutto (sogni inclusi), là in basso, sotto alla vostra scrivania. E vivere felici e contenti che si sistemerà tutto. O meglio, che quella cosa seria chiamata Def sarà davvero seria come tutti vogliono farci credere. Parlamentari, Ministri, Prof. e Presidenti inclusi.

 

OSPECA
MICHELE FASCETTI

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